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  1. ~lucas
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    Gladius et Crux
    -prologo-


    «Mi piace quando ubbidite, voi poveri...», l'uomo barbuto guardò l'anziano sofferente. «... timorati di Dio». Gli sputò in faccia, poi continuò a lanciargli maledizioni Cruciatus.
    La cella era buia e -senza contare loro due- deserta. Anzi, furono in tre: entrò una donna completamente vestita di nero e dai capelli rossi. «Dica, duca». Il duca sorrise. «Brava ragazza, ho un conto in sospeso con te» Le si avvicinò accarezzandole le braccia fino alle spalle, poi il collo, poi la baciò.
    La ragazza era fredda, non ricambiò. L'uomo poi aggiunse: «Il Re ti aspetta...». La donna lo guardò, era già pronta. «Ecco, hai già preso le sembianze della Regina. Non ti avevo riconosciuto, con questo buio».
    La donna strinse i pugni e disse che doveva andare. Il duca sorrise provocandole e accarezzandole i capelli, per poi tirarla a se e toccarle il fondoschiena. La ragazza gli diede un calcio sugli stinchi. «Quello dopo», disse alterata.
    L'uomo ridacchiò, poi, con un cenno della mano, le disse di andare.
    La donna se ne andò, sussurrando tra se e se «Non mi avresti riconosciuta neanche sotto la luce, porco».

    Il re Joseph della contea di Astyre doveva far fronte ad alcuni problemi sorti da poco tempo con la Congregazione Cardinalizia per gli Affari Magici. I cardinali stavano impadronendosi dell’autorità suprema della Magia in tutti i regni. Già il regno di Ylum era caduto sotto il monopolio dei cardinali, che ne avevano fatto il loro territorio in campo politico e spirituale ma soprattutto in campo di amministrazione della magia, per di più all'insaputa del Papa. Re Joseph era costretto a stringere un accordo con i tre cardinali che si opponevano alla sua autorità e all’autorità dei due consiglieri, tra cui spiccava il cardinal Winston. Firmando quel contratto, avrebbe provocato molto dolore al cardinale e all’altro consigliere, ma per la sopravvivenza della magia nel mondo magico di Astyre bisogna sacrificare molto.
    «Giuratemi che non ci saranno sotterfugi», disse. Il cardinale più grosso, con gli occhi incorniciati da una colorazione innaturalmente gialla e con l'elegante veste rossa, dal colore incandescente, sorrise mostrando i suoi denti spezzati e giallastri.
    «Marito mio! Marito mio! Puoi venire un attimo in camera?». Il re, stizzito, guardò l’attraente moglie. «Eh, no, cara Josephina. I signori cardinali…», la consorte li degnò di uno sguardo austero. Disprezzava molto l’autorità della chiesa. Era credente, ma disprezzava l'autorità.
    La moglie lo interruppe. «Mi scusi, sua maestà, ma non avrei mai pensato che foste così stupido da saltare una bella notte. Molto bella. Piccante, ma bella».
    L'altro cardinale smunto e grifagno subito intervenne: «Sire, la vostra consorte vi farà peccare di lussuria! Sire, rifletta!».
    La regina rise sarcasticamente, avvicinandosi ai due. Mentre faceva dei giri attorno a loro, diceva, guardandoli imperiosa e vergognata: «Come possono due cardinali come voi disdegnare il piacere del letto? Due cardinali come voi che peccano di atti sessuali ogni notte con più di due donne! Fu detto “Non commettere adulterio”, fu detto anche dal Papa, e voi vi considerate maggiori al Papa, maggiori al Messia in terra!?». Non lasciò parlare nessuno, ma puntò un dito sulla pancia del cardinale grasso, accusandolo con occhi stretti: «E voi, cardinal Davis? Fu detto “Tu osserverai il digiuno nei giorni stabiliti dal Papa”. E voi peccate, non solo di gola, ma di superbia, vi credete forti davanti al Papa, davanti a Dio!».
    Un cenno del re fece muovere le guardie. Prima che la regina dicesse qualcosa contro l’altro cardinale, le due guardie, con le alabarde, mentre la regina se ne andava con portamento fiero, invitarono i due cardinali a uscire dalla reggia. «Come osate voi criticare le parole della Consorte mia sposa!?», urlò indignato il re. Poi corse verso le scale, diretto verso la stanza, ove l’aspettava una visione celestiale.

    Moglie mia, perché mi uccidi?. Il corpo nudo della Regina si parava davanti agli occhi del Re morente, con un pugnale ficcato sul cuore. Non riusciva a parlare, la sua compagna le aveva puntato una stecca di legno alla gola e lui si era sentito prima soffocare, poi non riusciva più a parlare. Ora capisco perché tutto questo desiderio di salire subito in camera... Non sarei mai salito se non con l'allettante proposta di una bella notte, il Re stava morendo piangendo e nudo. Una vergogna per la contea. Del resto, dovevo firmare l'Accordo con la Chiesa.
    La donna si trasformò. Gli occhi del Re s'iniettarono di paura. Non era sua moglie, ma una donna che conosceva bene!
    Dio buono!
    «Non potevo permettere che tu firmassi quell'accordo, capisci?». Gli girava la testa. Il pugnale faceva un dolore lancinante.
    Intanto la donna si mise i suoi vestiti fissando sorridente il Re. Poi dalla sua borsa estrasse un pupazzo. Puntò la bacchetta su di esso e quello s'ingigantì. Era la Regina, morta. Con una ferita disumana sul cuore, anche lei nuda.
    «La Congregazione dei Figli di Lilith porge i suoi più sentiti addii. Ci vediamo all'inferno». E la donna si smaterializzò, mentre il Re moriva, con le braccia e le gambe aperte, sdraiato a pancia in su, come sua moglie. La Congregazione di Williams aveva lasciato un altro segno del suo immenso potere.

    L'ufficio era molto ben decorato, evidentemente di un uomo ricco quale era il cardinal Davis, ma era occupato dal cardinal Winston, facente in funzione papale in Inghilterra. Egli, alle sette della sera era ancora nell’ufficio prestatogli dal cardinal Davis che, a sua detta, era andato a trovare la sorella a Astyre. Ma Winston sapeva che Davis aveva lasciato Ylum solo per andare a letto con delle prostituite. Forse il buon vecchio Winston era l’unico cardinale buono che esistesse in tutto il mondo, un vero cardinale con veri saldi principi morali. Era intento a scrivere delle lettere al Papa per inviarle via gufo. Quando le inviò, si alzò.
    L'uomo vestito di rosso stava per dirigersi verso le ante, quando queste si spalancarono. Entrò un prete in tonaca nera e col rosario in mano. S'inginocchio davanti al cardinale e gli baciò l'anello che aveva sul dito.
    «È morto il Re con la Regina, Vostra Eminenza». Il cardinale barcollò. Mandò via il prete e si inginocchiò davanti al gigantesco crocefisso, in preghiera, ma all'improvviso un gufo entrò nella stanza. Portava un invito.
    Il cardinale aprì e lesse. “Sua Santissima Eminenza il cardinale Winston Alexander è pregato di recarsi a Roma, in Palazzo, per officiare le Sante Cerimonie e sigillare tutte le porte. In nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Le auguro un buon viaggio. Il thestral l'aspetterà davanti il suo palazzo. Con grandissimo rammarico nel cuor mio, La saluto. Il Camerlengo”. Sotto la firma si trovava la bolla papale.
    Arrivò un altro gufo, di nuovo proveniente dalla Santa Comunità: “Cessazione dei suoi poteri come facente funzione del Papa in Inghilterra, fino a provvedimenti contrari dettati dal Camerlengo”.
    E un altro gufo che lo informava che il Camerlengo voleva che continuasse a tenere il suo posto. E un altro ancora, sempre dalla Comunità, che diceva: “Informiamo la Sua Santa e Sacra persona che non riceverà mai risposta alla Sua lettera. Si prega di non insistere per ovvi motivi”.
    Non riusciva a capire. Perché il Papa non gli rispondeva? Perché decideva il Camerlengo? Quella carica entrava in azione solo in tempore sede vacans. E poi poteva essere sollevato dal suo incarico solo con provvedimento papale o con la rinuncia al trono pontificio del Papa stesso, anche se il Camerlengo poteva reintegrarlo provvisoriamente fino alla decisione definitiva del prossimo Papa.
    Si sentì svenire. La sede era vacante? Il Papa era morto?
    Un altro gufo. Il cardinale, con mano tremante, accolse e scoprì la lettera.
    “La Sua Persona è informata della cessazione dei poteri del Santo Padre in quanto egli non è più Papa. È invitato a presiedere la Cerimonia di annullamento dei poteri”. Lesse più in sotto: “... in quanto il Papa, in pieno stato mentale e fisico, con piena consapevolezza della sua scelta e con pieno pentimento ha scelto di redimersi dall'incarico affidatogli da Dio come Pastore del Gregge di Santa Papale Chiesa”.
    Il cardinale svenne. Lo trovò a terra la mattina successiva il maggiordomo. L'unica richiesta del cardinale fu: «Portatemi nella Sacra Congregazione dello Spirito Santo. Sì, ad Astyre».
    ff made by ~lucas
    scheme made by mæve



    Edited by ~lucas - 28/3/2014, 16:44
     
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  2. ~lucas
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    Prefazione


    Siamo nel periodo quaresimale del 1216. Il racconto vede il tema anche della Chiesa. Bisogna considerare che in quel tempo la Chiesa cristiana era stata divisa dal Grande Scisma: da una parte troviamo gli ortodossi, dall'altra parte vediamo i cattolici (quelli guidati dal Papa). A noi interessa solo la Chiesa Cattolica, che si auto proclamava come Santa Chiesa Romana (o Papale) per distinguersi dalle altre religioni che si professavano “cattoliche”, perché credenti in una, santa, cattolica e apostolica chiesa ma non necessariamente della confessione della Chiesa di Roma del Papa. Inoltre, la Chiesa Cattolica di Roma si proclamava come l'unica Chiesa fondata sui precetti di Gesù (e sui dogmi -ossia quelli istituiti dalla Chiesa- fondati sui precetti stessi del Cristo). L'unica cosa che accomunava le chiese cristiane, insomma, era credere che Gesù fosse il Messia.
    In quell'anno stava al trono pontificio Papa Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni), salito al trono tramite conclave nel 1161 e cessa il suo pontificato con la morte avvenuta nel luglio 1216. Dobbiamo anche considerare che in quel periodo erano in atto le Crociate, di sicuro le conoscete: servivano a liberare la Terra Promessa dagli usurpatori (Gerusalemme), ma alla fine i cavalieri uccidevano e razziavano gente pensando che ciò fosse caro al Signore. Ciò perché i vescovi e cardinali davano l'assoluzione completa alle pene future: i cavalieri crociati potevano uccidere e peccare, senza essere mal visti da Dio. Almeno erano le parole della maggior parte degli ecclesiastici: altri si trovavano in disaccordo su ciò, cioè pensavano che nonostante l'assoluzione il cavaliere peccatore si sarebbe comunque meritato la pena infernale perpetua.
    È attivo in quel periodo anche la Santa Inquisizione che uccideva le donne considerate streghe per conto della Chiesa. E qui facciamo una pausa. Nel mio racconto si vede come la Chiesa abbia contatti diretti con la Magia, ma comunque alcuni tra gli ecclesiastici e tra il popolo laico erano babbani e secondo i Papi (sempre eletti se maghi) i babbani non avrebbero mai dovuto scoprire la realtà. Per questo, qualsiasi mago o strega che usava la magia in presenza di babbani veniva considerato come un falso e veniva ucciso o torturato anche se l'Inquisizione sapeva la verità, il tutto per mantenere segreta l'esistenza della Magia, soprattutto tra le file ecclesiastiche.
    La realtà della storia non è questa, ma mi sono permessa di sconvolgerla, aggiungendo anche due città: Astyre e Ylum, due città che capitanavano stati localizzati in Gran Bretagna:
    · Astyre si trova vicino Londra ed è destinata a diventare parte della città londinese, in un futuro molto prossimo. È una città interamente popolata da maghi ma anche da alcuni babbani che sapevano dell'esistenza della magia ma non ne facevano parola con nessuno. È guidato da un Re, affiancato da due consiglieri: il cardinale di Astyre (che diventa automaticamente cardinale facente in funzione papale in Inghilterra, e il nome dice tutto) e la matriarca della Congregazione delle Suore dello Spirito Santo Creatore. Essi aiutano il Re in tutte le decisioni, decidendo per il bene della Chiesa.
    · Ylum si trova vicino Edimburgo ed è destinata anch'essa a diventare parte della futura Edimburgo. La situazione qui è diversa: tutto lo stato di Ylum sa dell'esistenza della magia ed è uni stato retto completamente da due cardinali, uno dei quali è il cardinale di Ylum e vorrebbero imporre la loro autorità anche su Astyre.
    Il titolo, “Gladius et Crux”, significa “La spada e la croce” e sta a simboleggiare la violenza contro la Chiesa. In più, cosa più importante, la ff è popolata dai nostri antenati, dagli antenati dell'oblivion! Cercherò di inserire tutti, promesso.
    E basta. Anzi, no. Ultimo commento importante: ringrazio la Winston per avermi concesso una schema role e ringrazio Megs per avermi aiutato nella ricerca di alcune immagini. E ringrazio gli altri che hanno letto e mi hanno aiutato.
    E soprattutto, Arthea: senza di lei la ff non sarebbe mai nata, non avrei trovato il volto di alcuni personaggi, non mi sarei mai accorta di alcuni errori.
    Per questo dedico la ff alla fantastica Arthea Williams! ❤
    E niente, buona lettura!
     
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  3. ~lucas
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    Gladius et Crux
    -capitolo I-
    La basilica sconsacrata


    questo capitolo in particolare è dedicato a Maeve Winston,
    il cui antenato è stato il primo ad essere ideato, dopo madre Italie


    Non era certo la prima volta che veniva la nebbia, ma prima di quei tempi mai una così fitta e grigia nebbia infestò la città di Astyre. Una città destinata a diventare una parte della grande città vicina, Londra. Ma a quell'epoca la città era una delle più famose della regione, si viveva in contatto con la natura, mentre il regno dei Papi rimaneva e veniva considerato indiscusso. I cardinali, figure considerate come dei vescovi ma più elevati a quel rango, seppur se ancora non riconosciuti ancora da alcuna costituzione apostolica, regnavano con pieni poteri nei loro vescovadi ed erano l'anima protettrice di migliaia di fedeli.
    Niente turbava la pace della Santa Chiesa del Papa, almeno fino a pochi anni dopo che la città di Astyre fu proclamata centro santo della Chiesa, la Roma papalina d'Inghilterra. Amministrava il gregge inglese, ma rispondeva sempre alla massima autorità ecclesiastica, che era al tempo Sua Santità papà Innocenzo III che aveva, il giorno prima della venuta della nebbia, abdicato con tutta la sua volontà al posto di Papa.
    Astyre era una città solitamente socievole, vivace, a stretto contatto con la natura, ma non era più così da quando quella malefica presenza la infestava. Gli alberi piano a piano, dal loro splendore divennero secchi e scortecciati, le cortecce a terra parevano bucce di salame, mentre le foglie si riducevano a non poche briciole che il vento leggero spazzava e inalava nel respiro dei pochi incauti che uscivano durante quei giorni. Se c'era un'occasione in cui essi uscivano, posso solo raccontare soltanto di una volta, di quella sera in cui iniziato a muoversi i primi ingranaggi che avrebbero dato inizio a un progetto più grande degli uomini, un progetto che legava la Chiesa con la magia da secoli.
    Quella sera passava per la città l'unico uomo che usciva ogni sera per dovere pubblico, anche se era una cosa del tutto inutile. William Rosier, col suo mantello pesante sulle spalle, cappuccio calato sulla testa, era una delle poche persone in tutto il mondo che accendeva i lampioni delle città, usando l'olio. In realtà, questo non era stato introdotto in tante città, Astyre fu una delle prime. Comunque, correva il Medioevo e si sa che in quell'epoca la gente era molto timorosa di Dio, si affidava completamente a Lui. Mentre l'“accendi-fuochi” passava per le vie della città, col capo chino e in mano quella lunga asta per accendere i lampioni, le persone, al suo passare, uscivano dalle case e si coprivano più che potevano. Senza che fosse stato progettato, Rosier fu seguito da una moltitudine di persone, molte con in mano un'icona sacra.
    Era tradizione che per ultimi venissero accesi i lampioni che si trovano ai fianchi del portone della basilica di San Michele, il patrono di Astyre. Quella chiesa era maestosa, a tre navate, costruita secondo i principi che sarebbero più tardi diventati del barocco; si può dire che quella chiesa fosse l'apoteosi del barocco, anche se incompleto, in quanto costruita molto prima dell'affermazione di quest'arte.
    Appena il Rosier accese i lampioni, si accorse della gente che lo aveva seguito e ne capì le intenzioni. Sospirò, e aprì le porte della chiesa. Queste cigolarono misteriosamente, mentre tutti si tenevano stretti tra di loro, paurosi.
    Rosier non aveva finito di spingere le pesante ante, quando queste si spalancarono del tutto da sole con un violento rumore. Tutti indietreggiarono, spaventati non dallo strano fenomeno, ma dal corpo che si trovava sulla croce, proprio a cinque metri da Rosier, e quel corpo non era la statua di Gesù.
    «Ma quello è padre Jonathan!», gridò una bambina terrorizzata. Tutte le persone vociferarono tra di loro, chiedendosi cosa fosse successo.
    William Rosier si avvicinò alla croce, dove padre Jonathan era stato brutalmente crocifisso nello stesso modo in cui fu crocefisso Gesù: chiodi nelle mani e nei piedi, corona di spine sulla testa e ferite sul costato. Cambiava solo l'abbigliamento: il padre aveva solo la sua tonaca nera.
    Nessuno era mai entrato in chiesa durante la nebbia, visto che nessuno voleva uscire di lì e si aspettavano che le candele si fossero spente. Invece no: non lo notò nessuno all'inizio, ma non si erano spente. Erano ancora accese, ma di un alone blu, freddo.
    Rosier, una volta vicino, toccò la croce. Si sentì un urlo disumano, mentre le vetrate della chiesa tremarono, minacciando di rompersi. Poi ci fu silenzio, eccetto il rumore del respiro affannato di William Rosier.
    La testa del cadavere che era china, si alzò lentamente rivolgendosi verso l'uomo vicino. All'improvviso spalancò gli occhi e tutti urlarono, allontanandosi dalla chiesa. Gli innaturali occhi erano rossi e fiammeggianti e la bocca era spalancata in un tacito urlo. Un urlo silenzioso che frantumò tutte le vetrate della chiesa, fece esplodere i crocefissi e fece lacerare i quadri esposti.
    Rosier, che era anche un novizio che sarebbe dovuto diventare esperto esorcista, prese il suo crocefisso e lo puntò contro il corpo indemoniato. «In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti! Amen!».
    Stavolta un urlo sovrumano invase la chiesa, la nebbia entrò in essa, la chiesa fu come pervasa dal fumo, mentre il crocefisso nella mano di William Rosier si surriscaldò a fino ad incendiarsi. A quel punto, Rosier fu scaraventato all'indietro da una gigantesca mano invisibile e cadde sugli scalini della chiesa, mentre le ante del portone di questa si chiudevano sbattendo violentemente, un rumore che pervase tutta la piazza. Si sentirono gli ingranaggi e le travi che chiudevano il portone della Casa di Dio. Che non rimase più tale: sulla anta sinistra del portone si disegnò un simbolo malefico. La chiesa era stata sconsacrata a Dio. Comparivano le iniziali CL, della Congregazione di Lilith. Era stata consacrata alla prima madre degli esseri viventi, Lilith, una madre innaturalmente cattiva.
    Rosier si alzò dolorante. Sentì una persona correre e afferrarla da dietro prima che egli cadesse, instabile com'era. Egli si voltò e guardò la donna negli occhi, abbandonandosi completamente. «La prego, madre Italie... Mi porti in... in convento...». Poi svenne.
    La suora si fece il segno della croce, fissando terrorizzata il simbolo infuocato comparso sulla porta della chiesa. Proponendosi di restare lucida, strinse la mano del ragazzo, strizzò gli occhi e sparì agli occhi di tutti, nel mezzo del boato generale, con un sonoro pop.

    Victoire Italie era entrata in convento a soli 14 anni, e ora ne aveva 27. Era una donne energica e allegra, seria quando ci voleva, per niente autoritaria. Già il fatto che non era autoritaria può non farla sembrare adatta a dirigere l'unico convento di suore che si trovava in aperta campagna, presso Astyre. Eppure il cardinal Winston l'aveva scelta come madre superiora del convento della Congregazione delle Suore del Santo Spirito Creatore. Molte voci circolarono all'ammissione, come il fatto che il cardinale l'avesse elevata a quel rango solo per preferenze personali.
    Il cardinal Alexander Winston era un uomo pieno di fede, entrato giovanissimo nel corso degli studi, avendo come maestro proprio il Papa, nel centro di tutto il cristianesimo, cioè nella Urbe. Fu consacrato prete dal Papa stesso, fu elevato al grado di sommo Vescovo di Roma, poi fu trasferito nel Galles, infine fu creato cardinale nella sede facente funzione della Roma papalina in Inghilterra: ad Astyre, la città natale. Lì tutti sapevano che madre Italie e il cardinale erano uniti da un profondo legame fraterno, nato quando il padre (pace all'anima sua) di Alexander trovò un fagotto presso la porta di casa sua. Quando la moglie vide quella bambina che aveva con sé solo la coperta, decise subito di tenerla con sé, nonostante avesse già un figlio nato tempo fa. L'unico motivo che la spinse a tenere la bimba fu il fatto che non poteva lasciarla in mezzo alla strada, in nome dell'insegnamento di suo Padre, l'Onnipotente. I due bimbi crebbero come fratelli, e la loro vita fu una delle più felici ed invidiabili, protetti dall'amore di e verso Dio. Il nome e cognome che furono dati alla bimba furono decisi dal Sommo Collegio Papale, che aveva il compito di dare un nuovo nome e un nuovo cognome agli orfani, che diventavano così capostipiti di intere famiglie.
    Più tardi, quando il futuro cardinale dovette trasferirsi a Roma, per la bimba fu un duro colpo, ma aveva un'altra persona, stavolta Divina, che la proteggeva. Per questo decise di prendere i voti e farsi suora.
    E ora Victorie era costretta dall'insegnamento del Messia ad aiutare quel ragazzo a cui tamponava la ferita sulla nuca da cui usciva sangue a causa della botta sulle scale. Ma era felicemente costretta: quello era lo stesso ragazzo della sua stessa età che trovò una volta in convento, e che si presentò come un novizio della Compagnia degli Esorcisti di Gesù. Disse che avrebbe trascorso un lungo periodo in convento per ordine dei suoi superiori, perché fosse più temprato dalla solitudine e dalla ricerca in Dio. Una cosa che si riusciva a trovare facilmente in quel convento, se solo non si veniva disturbati dalle attuali madre superiora e vice madre superiora: tra Victorie, Theodora e William nacque ben presto un profondo sentimento di amicizia fraterna.
    Theodora Davis era in quel tempo una delle migliori amiche della Italie, almeno fino a quando l'amica non fu assunta al rango di madre superiora: Theodora, nonostante l'amicizia, pensava che il suo posto fosse immeritato, e si schierò dalla parte di suor Maggie Smith, l'ex madre superiora, che continuava, autoritaria com'era, a reclamare il suo posto.
    Dopo aver tamponato per bene la ferita e aver per ben sistemato il paziente, madre Italie, con lo sguardo preoccupato, uscì dall'infermeria. Appena aprì la porta e ne uscì, per poco non le venne un colpo. Davanti a lei stava dritta e severissima la vice madre superiora Davis. «Madre, sono le dieci di notte passate. Ho avuto timore per lei e l'ho cercata ovunque», disse Theodora, con cipiglio severo che nascondeva una preoccupazione totale.
    Victorie stava per ribattere, ma fu bloccata dalla Davis: «Che ci fa Rosier qui?». La Italie sospirò, Theodora si preoccupò, vedendo il suo volto che non presagiva nulla di buono. Stava per dire qualcosa, quando dei passi decisi la trattennero.
    «Suor Italie, sempre a violare le regole stai! Incredibile! Indicibile! E una come te...».
    «Suor Smith, io sono la madre superiora e lei è una semplice suora. Le porto rispetto, ma lei porti rispetto per me», disse lievemente alterata all'appena arrivata ex-madre superiora, che stava per ribattere nuovamente. «Vi prego, chiamate tutte le suore e dite loro che ci riuniremo stanotte, in Sala del Consiglio», aggiunse.
    Se possibile, la Smith assunse un'espressione più severa e disse «Io vengo con te, non voglio che...». Guardò dalla porta semiaperta il corpo inerte di Rosier, e si limito a fare un cenno verso di lui col capo.
    La madre alzando il capo scosse la testa con un sospiro, esasperata e alzò le mani come a dire “come vuole lei”, poi si diresse svelta e decisa verso l'ala est del gigantesco convento, seguita dalla Smith, che continuava a parlare: «Poi non capisco, portare un uomo! In convento! In un convento di suore! Suore femmine! È indicibile! E non mi frega se ha votato per la castità! Insomma, suor Italie, un po' di decenza da te me l'aspettavo!...».
    Madre Italie non si capacitava ancora a dell'incredibile capacità della Smith di parlare all'infinito senza interruzioni. Tappandosi le orecchie col palmo delle mani, attraverso il velo nero che portava, continuò imperterrita a camminare. Non sarebbe stata una cazzina come la Smith a farle urlare “Basta!”.
    Comunque, non sapeva che l'aspettava una sorpresa nella Sala del Consiglio, dove le suore dalla veste e dal velo nero si riunivano per prendere decisioni riguardo il convento e per consigliare la loro madre superiora nel suo ruolo di consigliere del Re, e ancora erano in pochi a saperlo morto, come erano in pochi a sapere dell'abdicazione di Innocenzo III.
    Nella Sala la aspettava, in mezzo a tante figure nere di castità e purezza, una persona dal colore rosso sangue. Il convento di Astyre prima di quella notte non aveva mai fatto in modo che più di un solo uomo profanasse i suoi luoghi, al massimo uno. Era forse un presagio su quello che doveva essere il futuro della Chiesa: il non sapere tutto, l'essere ingannata. L'essere combattuta. Ma anche temuta.
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    Edited by ~lucas - 30/3/2014, 00:05
     
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  4. ~lucas
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    Gladius et Crux
    -capitolo II-
    //CAPITOLO 3//TOP SECRET//


    questo capitolo in particolare è dedicato a NONLOSONEANCHIO,
    PERCHÉ MI STAI ANTIPATICO

    AH, VOLEVI SAPERE IL CAPITOLO IN ANTEPRIMA? EH, NO.
    TOP SECRET.
    ff made by ~lucas
    scheme made by mæve



    Edited by ~lucas - 3/4/2014, 23:43
     
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    Gladius et Crux
    -capitolo II-
    La Madonna di sangue


    dedico questo capitolo in particolare a Leroy,
    visto che qui troveremo il suo antenato come figura centrale
    La scena stava avvenendo davanti la basilica di Ylum, verso le nove di mattina. Molti popolani, per la maggior parte mercanti, si fermavano a guardare incuriositi la processione e in breve lòa pizza fu colma. Un cardinale alto e magro come una foglia, nella sua elegante veste di colore rosso portava nelle sue mani la Bibbia, facendo tutto il percorso che portava dal fondo della gigantesca pizza fino a salire le innumerevoli scale costruite mezzo secolo fa davanti il portone della chiesa di stile nettamente medioevale. La chiesa fu costruita per volere del Papa col sudore e il sangue – molti morirono nella costruzione – di uomini babbani. Nella sua semplicità, si presentava come la chiesa di Maria di Ylum, patrona della città.
    Giunto al penultimo gradino della scalinata, consegnò la Bibbia a un chierichetto che la posò delicatamente sul tavolo, poi si avvicinò nuovamente al cardinale baciandogli l’anello. Leroy si fece mettere quindi in testa dal chierichetto stesso la mitra riservata ai cardinali, poi si mise il pallio. Fece una genuflessione e finalmente salì anche l'ultimo gradino della basilica. Davanti al portone d'entrata di questa, era stato allestito un palco sopraelevato lungo tutto lo spazio che si trovava di fronte la facciata principale della chiesa. Sul palco erano poggiati tanti tavolini con delle sedie che avrebbero accolto lo Corte Inquisitoria. Leroy si sedette al centro di questo tavolo, in modo da voltare le spalle al portone. Prima di sedersi, però, posò le sue mani sul tavolo e lo baciò.
    Tutte le persone lo guardavano da lontano e la figura del vescovo di Edimburgo nonché primate in Scozia era come una figura slanciata ma piccola, quasi un fiammifero acceso. Nonostante la lontananza, il popolo che assisteva ai riti iniziali del processo del Tribunale Speciale della Santa Inquisizione di Ylum percepivano il potere, l’autorità, la supremazia che emanava dal porporato.
    Era una persona importante in tutto il mondo magico in quanto Vice-Segretario per le Trattative Magiche con la Santa Sede, mentre il posto di Segretario era occupato dal Cardinal Winston. Fra i due c'era molta rivalità in campo politico: Winston era riuscito ad ottenere il suo posto di Consigliere in modi del tutto leciti, nessuna decisione del Re veniva approvata senza il suo consenso; Leroy aveva instaurato la sua dittatura sulla contea di Ylum, ma nessuno lo sapeva. Tramite ricatti aveva convinto Whole, Re della contea, a cedergli il potere: Whole non ebbe altra scelta e il potere fu diviso tra il cardinal Leroy e il cardinal Davis, che quindi divennero principi cardinali fantasma di Ylum. Fantasma, sì, perché il Re del suo potere teneva il nome, il “suo” popolo continuava a rispettarlo e vederlo come suo Re, mentre i due cardinali venivano visti come alcuni tra gli uomini più potenti al mondo, non certo come Re, semplicemente perché essi non volevano. Faceva tutto parte di un piano più grande, forse più grande della logica umana. La mente diabolica dei due cardinali metteva in atto ingranaggi che avrebbero fatto esplodere una bomba, ma non nel modo e negli orari da loro decisi. Infatti altre persone avevano la stessa mente diabolica, se non più malvagia e capace di escogitare grandi cose, per quanto terribili.
    Il primate scozzese pensava alla sera precedente, all'incontro col Re di Astyre. Aveva cercato di convincerlo a firmare. E per colpa di quella puttana il re non l'aveva fatto, non aveva ceduto il potere politico ai due cardinali che l'avevano costretto mediante altri ricatti. «Maledetta stronza. Quando ti troverò, morirai», sussurrò, i gomiti poggiati sul tavolo a sostenere il viso posato sulle sue mani fragili.
    Guardò con attenzione i vari prelati che salivano sul palco per sedersi accanto a lui. Appena vide il cardinal Davis, colui che l'aveva accompagnato dal Re Devereux di Astyre, si mosse. «Ora che è arrivato, devo dirle una cosa importante», disse piano appena il porporato si sedette accanto a lui, in modo da farsi sentire solo dall'interlocutore. Il loro era l’unico tavolino rettangolare che ospitava due persone, i Giudici Sommi. Altri tavolini staccati a quello centrale invece ospitavano gli altri mebri della corte: preti e vescovi.
    Ma proprio in quel momento suonarono le trombe ad annunciare la venuta di Whole. S'intonò quindi la marcia regale e il re, scortato da un numero eccessivo di paggi, salì solennemente, nei suoi abiti neri, gli scalini della basilica. Arrivato davanti al tavolo, fece una genuflessione ai cardinali presenti, mandò via i servi e si voltò verso il “suo” popolo. Come un colpo di bacchetta magica, la piazza si quietò. Il Re enfatizzò il silenzio alzando il mento. Poi disse a gran voce: «Io, Re di Ylum per grazia di Dio e dei Suoi cardinali, dichiaro aperto il processo!». E andò a sedersi nel tavolino posto vicino quello dei cardinali Winston e Davis, senza degnarli più di uno sguardo.
    Allora Leroy si alzò e, prendendo la Bibbia che si trovava dinanzi a lui e alzandola verso il cielo, dopo essersi lanciato l'incantesimo per la voce, disse in dialetto volgare: «Ecco la Santa Inquisizione voluta dal Papa, una decisione proveniente direttamente da Dio, che decide sempre tutto...». Con un cenno della mano invitò gli spettatori a parlare: «... per il bene nostro e di tutta la Sua Santa Chiesa».
    Peccato che molti dicessero quelle parole solo perché si ricordavano che dovevano essere dette, senza sapere appieno il loro significato. L'uso della lingua del popolo e non del latino fu voluto dal Whole stesso e i due cardinali lo accontentarono. Peccato che in realtà quella di Whole fosse una trappola. Ma erano tutte trappole nocive non solo per chi erano dirette: per tutto il mondo magico.
    «Sia su di voi la pace dello Spirito Santo», continuò. Poi si sedette e sfogliò delle pergamene.
    «Si porti l'accusata al cospetto del Tribunale della Santa Inquisizione, venga accompagnata da un servo del re che comanderà al volere nostro, al volere dei cardinali, che decidiamo sempre per il bene del gregge del Dio che è, che è stato e che sarà», disse stavolta il cardinal Davis, nel silenzio generale, gli occhi ancora fissi sui folgi.
    All'improvviso la folla stipata nella piazza si divise in due per far passare una processione capeggiata da quello che ufficialmente era il capitano delle guardie armate di Sua Maestà il Re Whole. Ma il capitano Edward Larrington era uno dei pochi a sapere che in realtà il potere era detenuto dai due cardinali. E ciò giovava non solo alle sue tasche, ma anche a degli affari più grandi della sua persona. Il suo nome era largamente conosciuto in quanto era figlio unico del generale Larrington, Capo Supremo dell'Esercito Pontificio.
    I due personaggi era molto rispettati nei loro campi e soprattutto erano temuti anche perché erano in stretto contatto con molti degli alti vertici del mondo. La differenza tra i due era palpabile: il figlio violento, crudele, poco dedito ai dettagli e più curante dell'effetto finale; il padre più elegante, cercava di evitare il massimo spargimento di sangue, cercava sempre il pelo dell'uovo nelle sue missioni e soprattutto non voleva essere rinomato. Ma entrambi avevano una cosa che li accomunava: l'essere eccellenti spie.
    Il capitano era sempre in mezzo alla folla, amava farsi vedere e riconoscere, amava farsi temere. Quel giorno aveva l'importante compito di condurre la vandala (o almeno tale era accusata) al cospetto dell'Inquisizione di Ylum. “Di Ylum”, sì, perché alcune delle città medioevali avevano un Tribunale dell'Inquisizione a sé stante, con proprie regole, sentenze, pene. Ad esempio, già praticava la tortura, che sarebbe diventata praticabile da tutti i Tribunali tramite legge papale verso la seconda metà del secolo.
    Col suo fido cavallo nero, Edward Larrington scrutava la gente con i suoi occhi tenebrosi, mentre dietro di lui camminavano due soldati con una lancia in mano, protetti dall'armatura e appiedati. Dietro di loro, la prigioniera i cui polsi erano stati legati tramite corde alla salda presa delle mani dei due cavalieri che le si trovavano dietro. Giunti all'inizio degli scalini della chiesa, Larrington smontò da cavallo e si diresse verso la prigioniera. Le tagliò le corde e la condusse strattonandola per gli scalini della basilica. La donna, sporca e lercia ma dai lineamenti delicati, insoliti per una mercante, si ritrovò di fronte all'Inquisizione, di fronte a occhi impassibili e ad altri schifati. E di fronte a due soli occhi curiosi. Larrington continuò a tenerla per impedirne la possibile fuga.
    A quel punto, Davis si alzò: «Giuri davanti a noi Cardinali di Santa Romana Chiesa, a Dio e suo Figlio e lo Spirito Santo, con tutta la milizia celeste e i santi, di giurare la sola, pura, santa e sacra, anche inconfessabile, vera verità?». La voce metallica si sentì anch'essa per tutta la piazza.
    L'imputata annuì, spaventata. Larrington le tirò un calcio sugli stinchi. Lei gemette, si rialzò con fatica e disse un debolissimo «Sì».
    Davis si fece il segno della croce: «Affidiamo a te, o comandante delle milizie angeliche, valoroso San Michele Arcangelo, il processo inquisitorio. Amen». Guardò l’imputata da capo a piedi, poi scese dal palchetto e andò verso di lei, segnandole la croce sulla fronte con l'olio santo. «Sei quindi tu Arianne Sales, battezzata da Spirito Santo, salvata dal Cristo e creata da Dio?».
    La donna interpellata lo fissò negli occhi. Era leggermente più alta di lui e si sentiva superiore, nonostante l'autorità che rappresentava in quanto cardinale di Ylum. Si limitò, con sguardo fiero, a dire «Sì. Sono colei che dici tu. Battezzata da Spirito Santo e facente parte della Chiesa cattolica».
    Davis annuì, scrutando la negli occhi. «Ti dichiari colpevole o innocente ai seguenti atti?». Con un cenno, si fece passare le pergamene. Lesse: «Allora: “La mercante timorata di Dio A. Sales è accusata di vandalismo alla basilica di Ylum con t...”».
    «IO!?». L'interruppe indignata. «Non è assolutamente vero! Sono innocente!».
    Davis annuì e si voltò senza proferir parola. Leroy guardava la scena indignato. Come si permetteva di urlare alla Somma Inquisizione!? «Sarà lo Spirito Santo che è su di noi a decidere se...».
    «Prego», interruppe nuovamente, con aria di sfida.
    Leroy si alzò di scatto furente: «Come osi!?» urlò. Larrington pareva divertito, mentre il “re” assisteva alla scena impassibile, nonostante i suoi occhi rivelassero una scintilla di ammirazione. «Prima di presentarti a questo benedetto e fottuto tribunale...», il popolo che stava là sotto ad assistere mormorò stupito al “fottuto” del cardinale, «... tu dovrai passare tre giorni nel risanatorio!». Tolse l'incantesimo della voce, si alzò e si avviò verso Larrington prendendolo per il colletto: «E stavolta, stavolta, voglio che non ci siano quelle suore ma voi dell'esercito. Voi. Chiaro?!». Poi guardò male l'accusata e le mollò un ceffone, urlando: «Sei accusata anche di oltraggio a cardinale di Santa Rom...».
    Si interruppe di nuovo a causa dell'imputata, che ribatté: «... Santa Manesca Chiesa?». Lo guardò con rabbia, toccandosi la guancia dolorante. «Vattene al diavolo, cardinale. Va' all'inferno. Leroy, va' all'inferno».
    Leroy rimase stupito, di sasso. Non seppe che rispondere. Si sentì un applauso: Whole. Si era avvicinato a loro e, poggiando una mano sulla spalla del cardinale, gli disse: «Questo processo non è più dell'Inquisizione, ma del Tribunale Regio. O sbaglio? L'inquisizione non si occupa di questo. O sbaglio? Saremo noi, anzi io, a processarla per oltraggio a cardinale di...», fissò Sales sorridendole, «Santa Romana Chiesa». Batté poi due volte le mani. Lo spettacolo era durato troppo in effetti, sotto gli occhi stupiti della gente che non capivano nulla di ciò che stava succedendo perché non riusciva a sentire nulla del discorso: le voci erano troppo lontane. In effetti Whole deteneva ancora il potere di Sommo Giudice del Tribunale Regio di Ylum. L'unico potere che gli era stato concesso. Leroy annuì, nervoso, e fece un cenno all'altro cardinale.
    Senza farselo ripetere, Davis alzò la sua obesità e annunciò: «La seduta è tolta. Rinviata fra tre giorni. Andate in pace, amen!». E diede la benedizione.

    «Quest'atto, secondo me... sire, è avvenuto stanotte», disse Edward Larrington, guardando James Whole. L'ex-re annuì interessato. Si trovavano dentro la basilica, una chiesa molto semplice (seppur gigantesca) e piena di icone. E, sopratutto, sopra l'altare stava la Madonna.
    Quella chiesa era stata dedicata alla Madonna che tre secoli fa apparve proprio a Ylum, proprio nella sommità della collina su cui ora si ergeva la chiesa. Apparve proprio a un antenato del re.
    E l'attenzione del re si soffermò sulla Madre della Chiesa. Allarmato, corse per tutta la navata centrale della chiesa semibuia sino ad arrivare vicino alla statua e urlò di orrore. «Il cardinal Davis! Davis! Ora!».
    Il mezzobusto in marmo della Madonna era un'autentica opera d'arte. Un'opera d'arte che piangeva davanti al re. E certo ciò non l'avrebbe dovuto fare spaventare a morte, anzi meravigliare. Il fatto era che sulla stoffa che copriva l'altare si trovava una scritta e c'era un'altra cosa inquietante.
    Le lacrime erano di sangue scuro, così come la scritta era stata tracciata dallo stesso sangue: “Io sono Lilith, madre dei maghi. L'ora fatale è giunta”.
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    Gladius et Crux
    -capitolo III-
    Il prete dalle ossa di cristallo


    questo capitolo in particolare è dedicato a Shane,
    visto che qua troviamo solo il suo antenato
    Padre Kiyan era in ginocchio a pregare, le mani giunte e i gomiti poggiati sulla spalliera della panca di legno pregiato che gli stava davanti, le ginocchia poggiate sulla fredda e dura pietra della Somma basilica. L'Antica Basilica Pietrina venne completata verso il 333 d.C. per volere del Papa, fu costruita in quello che si riteneva il luogo della sepoltura del Sommo Apostolo Pietro, primo Papa della Chiesa, ultimo tra gli apostoli, ultimo ma primo.
    Kiyan Howe era un uomo disturbato internamente, era in perenne lotta con se stesso: il demonio che lui stesso riusciva a controllare combatteva con la profonda fede in Dio che aveva. Era stato istruito al Collegio Maximo ed era diventato un presbitero molto presto. A parte il fatto che pagò per farsi ordinare sacerdote, Key (come lo chiamavano gli amici) veramente si meritava tutto questo. Giravano voci che il Papa volesse farlo arcivescovo. Kiyan aveva un forte carisma, un forte magnetismo, era empatico. Peccato solo che il Papa avesse abdicato in circostanze in realtà sconosciute e la sua lampante carriera non poteva più realizzarsi.
    Aveva scelto di diventare novizio nel seminario del Collegio Maximo di Edimburgo dopo che uccise il toro che minacciava la sopravvivenza delle pecore del gregge della fattoria di famiglia con il solo movimento delle mani. Key era un nato babbano, nessuno gli aveva mai detto che era un mago. Non sapeva gestire bene le proprie emozioni che sfociavano in magia: ad esempio, il terrore che il gregge venisse ucciso fece sì che riuscisse ad uccidere il toro.
    La sua ignoranza fu sfruttata dai suoi maestri di collegio purosangue, che gli insegnarono a gestire le emozioni e ad evocare magie senza l'uso delle bacchetta, facendo credere al ragazzo di possedere mani miracolate dal Cristo. Il ragazzo non si lasciò abbindolare dalle loro parole e alla fine scopre di essere un mago. Però non sarà questa scoperta (e null'altro), ad influire sulla sua scelta di vita.
    «Tu sei Pietro...». Kiyan si alzò e fece il segno della croce. Colui che stava aspettando era appena arrivato e stava parlando. «... e su questa pietra...», l'uomo che parlava camminava lentamente per tutta la lunga navata semibuia della basilica di Roma, toccando le decine di colonne che sostenevano l'epicentro del Cattolicesimo. «... costruirò...», la voce era profonda, calma. Howe si voltò appena sentì i suoi passi farsi vicini. Gli occhi bianchi dell'uomo misterioso erano l'unica fonte di luce che proveniva dalla faccia buia celata dal cappuccio marrone dei frati. «... la mia...», l'uomo, nel suo saio marrone scuro, si fermò di fronte al prete, vestito con la sua tonaca nera, tipica dei sacerdoti romani. ... Chiesa».
    Con un movimento fulmineo, la bacchetta che stringeva nella sua mano piena di anelli andò verso il petto del prete che non si aspettava nulla se non dei complimenti per il lavoro svolto con il ‘demone’, ad Astyre. La bacchetta che l'uomo stringeva era puntata proprio all'altezza del cuore del prete. Gli occhi di Kiyan Howe si iniettarono di terrore e paura e si dilatarono, la bocca si aprì in un tacito urlo, non riusciva ad emettere suono. Le pupille dei suoi occhi si espansero come una macchia di inchiostro: il nero coprì del tutto i suoi occhi di smeraldo. Il viso era molto bello: privo di barba, ma contrassegnato da due linee rossastre sopra gli occhi, due sopracciglia eleganti, e da capelli corti tinti di nero come voleva l'usanza del Collegio Maximo. Il prete, affettuosamente conosciuto da tutta Roma come “don Key”, stava morendo sotto il malefico influsso del demonio.
    «Perché Rosier è ancora vivo? Doveva morire per mano del demone che si trovava dentro la chiesa di Michele. PERCHÉ NON È MORTO?!». Il prete cadde in ginocchio appena l'uomo gli tolse la bacchetta dal petto. «Possa Lilith avere pietà della tua anima». Dopo essersi avvicinato all'altare, l'uomo s'inginocchiò di fronte ad esso, cantando una frase: «Sia gloria al Padre, sia gloria al Figlio e sia gloria allo Spirito Santo. A te gloria eterna, Trinità beata, che doni vita e salvezza, con tutta la Sacra Milizia Celeste comandata dal valoroso Michele. Sia pace e gloria ai Maghi, sia gloria e lode a Lilith. Gloria alla Comunità dei Santi, per i secoli dei secoli». Schioccò le dita. «Amen», e sparì in un pop.
    Il semi cadavere di Howe si alzò e camminò scompostamente per tutta la navata centrale della basilica ormai deserta, lasciando una scia di sangue che proveniva dai piedi. Appena arrivò nel cortile interno, un cortile scoperto cinto da mura alte 30 metri circa, lo videro alcune persone, perlopiù vescovi, che gridarono di orrore al vedere il prete maggiore della Basilica di San Pietro camminare scompostamente, come se non avesse equilibrio, ora in ginocchio. Imboccò la porta del cortile che dava all'esterno. Appena uscì, inarcò la schiena in avanti urlando. Furono milioni i mercanti e le altre persone che lo guardarono stupiti e pieni di orrore dalle loro bancarelle poste sull'ampia piazza di pietra che si trovava tutta attorno alla basilica. L'urlo disumano si sentì per tutta Roma, come amplificato in modo mostruoso in ogni piazza, in ogni chiesa, in ogni casa, dell'Urbe Eterna.
    Il prete, in ginocchio, lasciava un'enorme pozza di sangue a terra, attorno a sé. «Questa è la dimostrazione del potere dei Figli di Lilith! Questa è Lilith! L'ora fatale è giunta!». A quel punto i suoi occhi tornarono alla normalità, tutta la città spaventata si quietò. Howe ansimava, i suoi occhi stanchi erano privi di vita, ma la sua bocca emise le sue ultime parole: «Dio mio, Dio mio! Perché mi hai abbandonato?». E spirò. Le campane della basilica suonarono mezzogiorno. Tutti, nella piazza, si guardarono sconcertati. Le campane suonavano da sole? Solo Howe aveva il permesso e l'onere di suonarle.
    Solo un uomo alto e corpulento, un venditore di pesce, ebbe il coraggio di entrare nel cortile. Ne uscì ansimante, dicendo che tutti erano morti in una pozza di sangue. Tutti lo fissavano pieni di orrore e terrore, la giornata soleggiata sembrava essere diventata improvvisamente buia a causa di quel sconcertante evento. Ad un certo punto, miliardi e miliardi di mosche provenienti da chissà dove si avventarono sul corpo inerme del prete. Tutti si sparpagliarono per la piazza: dovunque, purché lontani dal cadavere maledetto. Quando il suono troppo forte della campane di San Pietro cessò, le mosche se ne andarono. Tutti le fissarono, finché non furono un punto nero all'orizzonte.
    Una bambina, guardando il cadavere, urlò di puro terrore. La carcassa del prete era priva di sangue e muscoli, i due bei occhi ancora posti nelle orbite che spettavano a loro. Il suo corpo era stato rivoltato, ora la pancia scheletrica era rivolta verso l'alto, le gambe aperte e le braccia pure. Il corpo era disposto come a formare una stella a cinque punte: due punte i due piedi, altre due le due mani, l'altra punta la testa. Solo il pezzo di carne che si trovava di fronte al cuore era ancora al suo posto e pulsava di vita, ma lì c'era un'incisione profonda che portava una L. Le ossa erano del tutto frantumate, come se si trattassero di vetro. O, meglio, di cristallo.
    Gli adulti non ebbero la forza di coprire gli occhi dei bambini e togliere dalla loro mente l'orribile visione. Dopo cinque minuti di silenzio, le porte della basilica cigolarono e si chiusero lentamente, comparve anche lì il simbolo infuocato della L, come ad Astyre. A partire dal portone, la chiesa si colorò tutta di nero, fino a diventare come un'ombra nera tridimensionale inquietante che si ergeva sulla piazza.
    Il potere dei Figli di Lilith si dimostrava ancora una volta, più potente che mai. Quando tutta la chiesa divenne nera, le ossa del prete si illuminarono fino ad abbagliare tutta la piazza. Tutti si coprirono gli occhi. I coraggiosi che ebbero la forza di riaprirli cessato il fenomeno, videro una prodigiosa e, per quanto terribile, spettacolare trasformazione: il bianco compatto delle ossa era stato sostituito dal cristallo. La carcassa era un insieme scomposto di pezzi di cristallo. Molte delle persone gridarono al miracolo chiamando il pover'uomo come “il prete dalle ossa di cristallo”. In molti pensavano che Dio volesse scatenare l'apocalisse. Non conoscevano infatti Lilith, prima madre dei viventi.
    Altri pensarono al malefico influsso del demonio, che voleva vendicarsi del fratello dell'ormai defunto prete. E che defunto!
    Che fosse l'uno o che fosse l'altro, una cosa era vera: l'Apocalisse era giunta.
    L'Apocalisse di Lilith, come annunciava la Bibbia nel libro del Genesi. Ma chi mai avrebbe pensato che il momento giusto fosse quello?
    Nessuno poteva pensarlo, infatti: solo le persone pure di cuore capivano che la Chiesa di Roma era molto debole e facile da attaccare. Invece altri speculavano su essa, speculavano sulla fede, sulla carità, sull'amore, sulla Chiesa ingenua, incolta e povera. Perché la vera Chiesa era quella: quella che sorrideva alla Luce di Cristo, non quella che recitava parole gonfie di lodi sprecate.
    Parlavano bene, ma razzolavano male. Istruivano male la Chiesa, non sapevano difenderla. E diventavano artefici del destino peggiore che possa capitare all'umanità: essere ignorante, ingenua e credente in un Dio di cui non ne capisce l'essenza.
    Era quello il ritratto della Chiesa in quel periodo, ma della vera Chiesa, non quella che sta sulla vetta. Era il ritratto della società. Era il Medioevo, tempo delle leggende, dei maghi e degli eroi.
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    Edited by .Nathan - 10/5/2014, 16:53
     
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